Il libro costituisce idealmente il prosieguo a distanza di sei anni di ‘Bambini a rischio di ingiustizia’. Da allora il gruppo di lavoro interdisciplinare, nel frattempo ampliatosi, ha sviluppato ulteriormente la sua ricerca sempre ispirandosi al metodo Tavistock della Work Discussion in cui la ricerca e l’intervento sono fra loro strettamente interconnesse, così come la teoria con la pratica. Il lavoro condiviso ha portato a constatare quanto diffuse siano le esigenze di confronto professionale e formativo nell’area degli interventi dedicati alle famiglie e ai minori. L’approccio interdisciplinare diventa imprescindibile per tutti gli operatori – assistenti sociali, psicologi, psicoterapeuti, avvocati, insegnanti, poliziotti, medici e per finire i giudici – che si occupano di bambini e famiglie. Spesso le azioni predisposte risultano fra loro scollegate e le tradizionali compartimentazioni disciplinari contribuiscono a rendere ulteriormente complessa la gestione dei casi. Il gruppo interdisciplinare, che comprende al suo interno diverse professionalità, costituisce un’opportunità dove può instaurarsi un rapporto di interazione fra le diverse componenti professionali ed istituzionali che porta a un arricchimento reciproco. Il confronto tra esperienze e punti di vista differenti, insieme a una particolare attenzione alle dinamiche nel qui e ora del gruppo, permette un nuovo vertice di osservazione per ricomporre la frammentazione delle competenze, dei saperi e delle azioni. Il libro si articola in due parti: la prima di impronta più teorica si propone di esemplificare alcuni degli aspetti salienti dell’interdisciplinarità sia da un vertice psicoanalitico, sia da un vertice giuridico. La seconda parte, finalizzata a una riflessione sulla pratica, affronta tematiche quali le separazioni conflittuali, gli adolescenti oggetto di misure amministrative e l’applicazione di questo approccio al contesto ospedaliero.
Interdisciplinarità e tutela dei minorenni
Il libro costituisce idealmente il prosieguo a distanza di sei anni di ‘Bambini a rischio di ingiustizia’. Da allora il gruppo di lavoro interdisciplinare, nel frattempo ampliatosi, ha sviluppato ulteriormente la sua ricerca sempre ispirandosi al metodo Tavistock della Work Discussion in cui la ricerca e l’intervento sono fra loro strettamente interconnesse, così come la teoria con la pratica. Il lavoro condiviso ha portato a constatare quanto diffuse siano le esigenze di confronto professionale e formativo nell’area degli interventi dedicati alle famiglie e ai minori. L’approccio interdisciplinare diventa imprescindibile per tutti gli operatori – assistenti sociali, psicologi, psicoterapeuti, avvocati, insegnanti, poliziotti, medici e per finire i giudici – che si occupano di bambini e famiglie. Spesso le azioni predisposte risultano fra loro scollegate e le tradizionali compartimentazioni disciplinari contribuiscono a rendere ulteriormente complessa la gestione dei casi. Il gruppo interdisciplinare, che comprende al suo interno diverse professionalità, costituisce un’opportunità dove può instaurarsi un rapporto di interazione fra le diverse componenti professionali ed istituzionali che porta a un arricchimento reciproco. Il confronto tra esperienze e punti di vista differenti, insieme a una particolare attenzione alle dinamiche nel qui e ora del gruppo, permette un nuovo vertice di osservazione per ricomporre la frammentazione delle competenze, dei saperi e delle azioni. Il libro si articola in due parti: la prima di impronta più teorica si propone di esemplificare alcuni degli aspetti salienti dell’interdisciplinarità sia da un vertice psicoanalitico, sia da un vertice giuridico. La seconda parte, finalizzata a una riflessione sulla pratica, affronta tematiche quali le separazioni conflittuali, gli adolescenti oggetto di misure amministrative e l’applicazione di questo approccio al contesto ospedaliero.
In questa relazione viene descritto il modello Tavistock come possibilità di conoscenza e di comprensione. Conoscere nel senso di apprendere e ritenere nella mente una nozione, di avere pratica del modello; ma soprattutto possibilità di avvicinarsi all’altro per comprendere, per comprenderlo, accogliere nella propria mente quella dell’altro, creare dei legami, entrare in contatto profondo con i sentimenti dell’altro. Nel modello è insita anche una terza dimensione, quella della sorpresa e del sorprendersi. La capacità di meravigliarsi richiede di lasciarsi prendere all’improvviso e alla sprovvista, tralasciando il corso dei propri pensieri e delle proprie emozioni per lasciarsi assorbire nella nuova situazione. “E’ l’essere colti da qualcosa di inaspettato e di oscuro che ti raggiunge all’improvviso e provoca uno stato psichico che scompagina momentaneamente le competenze acquisite” (Maltese, 2010). Presuppone un’apertura al mondo, curiosità, impegno, forza per tramutare in rappresentazioni le emozioni recepite e per seguire il nuovo corso. Bion qualifica “awe” – il nostro oh! – l’emozione che prova la parte primitiva della mente dinanzi alla realtà nel corso della nostra vita e la considera il primum movens per l’accesso alla conoscenza. E questa è l’esperienza di tutti coloro che si avvicinano e poi si formano al modello Tavistock e all’Infant Observation.
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