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Osservare per apprendere
Convegni

Osservare per apprendere

AIPPI, Milano 2 febbraio 2008

Osservare per Apprendere. Perché questo titolo? Il riferimento è sicuramente a Bion e al suo Apprendere dall’esperienza secondo cui qualsiasi esperienza emotiva, quando rielaborata, può essere usata come modello di un’esperienza futura. Ma anche al lavoro di Marta Harris nel suo Capire i bambini del 1987 (nel titolo inglese è indicata la parola apprendimento “Learning from childhood…”). O ancora al più recente Apprendere dal bambino di Francesconi e Scotto di Fasano.
Anche la scelta dell’immagine vuole sottolineare come lo sguardo si costituisca come elemento centrale dell’osservazione: lo sguardo come qualcosa che tiene insieme, che contiene, che abbraccia e che accoglie. Lo sguardo dell’osservatore che “ascolta”; Monica Ferrari scrive proprio della “purezza dello sguardo connessa con un certo silenzio che consente d’ascoltare”.
La giornata seminariale, è divisa in due parti. Nella prima si vuole affrontare il tema dell’osservazione a livello più teorico. Nella seconda parte vengono illustrate le applicazioni dell’Infant Observation nelle esperienze di lavoro di alcuni professionisti: psicologi, educatori, medici, ostetriche. Tutti operatori che hanno incontrato l’Infant Observation nel loro percorso formativo e sono accomunati, pur con percorsi diversi, da un modo particolare di avvicinarsi ai bambini, di guardarli e osservarli, di porre attenzione all’esperienza emozionale per comprendere.
Nella relazione di Patrizia Gatti si parla anche di un atteggiamento “etico” dell’Infant Observation, che non vuole manipolare, pilotare, adattare quanto si osserva a proprie teorie o tesi, né intrudere a differenza di altri metodi conoscitivi o scientifici. Il bambino viene avvicinato con molto rispetto, sensibilità e con l’attenzione a non proiettare su di lui contenuti che appartengono all’osservatore. L’Infant, infatti, deve avere un setting definito, confini chiari e un suo ritmo così da diventare uno spazio-luogo “confortevole, privato ed esclusivo” (Meltzer).


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